Alessandro Vercesi

Passione, competenza, dedizione,
trasparenza, lavoro di squadra

 

 

 

 

 

 

Alessandro Vercesi

Passione, competenza, dedizione,
trasparenza, lavoro di squadra

Due modi contrapposti di affrontare il bisogno di maggior sicurezza, i limiti delle misure del Ministro Salvini, possibili rimedi

Il liberismo e la globalizzazione, combinati con la fine del dualismo tra le due grandi potenze mondiali Usa e Urss che ha alterato l’equilibrio mondiale che si era stabilito nei decenni, hanno portato ad un mutamento dei fattori di insicurezza sociale. Tale fattore è la conseguenza anche di un incremento delle diseguaglianze e di un processo incontrollato nel quale vi è una polarizzazione sempre più marcata tra l’area del benessere e della ricchezza e l’area sempre più ampia della povertà, con il ceto medio, che rappresenta la maggioranza degli italiani, che arretra economicamente in maniera progressiva. La crisi economica e sociale, in taluni casi, origina addirittura una vera e propria guerra tra poveri per la sopravvivenza, si inasprisce l'odio, e la solidarietà rappresenta un valore sempre più desueto, con l’affermazione generale del concetto che per vivere occorra ricorrere alla sopraffazione nei confronti del prossimo.

Per descrivere la così complessa problematica del costante aumento del bisogno di sicurezza, collegato ad una percezione molto alta di insicurezza, associata quasi sempre all’immigrazione, occorre effettuare un’analisi profonda, se si pensa che il numero di reati che generano insicurezza sono diminuiti negli ultimi anni e se si pensa che gli attentati terroristici sono stati realizzati da individui nati, cresciuti e radicalizzati all’interno del paese colpito. Componente fondamentale di una così alta percezione di insicurezza e della tendenza sempre maggiore all’equazione distorta “insicurezza=immigrazione” sono la rabbia e il disagio patiti per la crisi economica e sociale che ha colpito l’Occidente dal 2008, tra cui l’Italia, che non aveva provveduto nei decenni scorsi ad operare quelle riforme necessarie per la ricerca e l’innovazione per lo sviluppo economico, l’ammodernamento e il potenziamento del Welfare, mantenendo invece un livello di debito pubblico accumulato ancora molto alto, che si traduce ancora in maggiori tasse; uno Stato giudicato ingiusto per tanti versi, che non offre ancora infrastrutture e servizi adeguati, con una pressione fiscale molto alta che colpisce soprattutto i redditi da lavoro, con una burocrazia soffocante, con percentuali troppo alte di disoccupazione e precarietà. Per questi motivi, un paese che si trova già in uno stato di crisi economica e sociale dispone meno strumenti per un’integrazione ottimale, con una minore collaborazione da parte della popolazione, già in stato di difficoltà e di rabbia. Compito di una forza politica matura è interpretare questa rabbia e dare le risposte adeguate, risposte sul fronte dell’occupazione, del reddito, dei servizi, prima di tutto.

Occorre distinguere il concetto di sicurezza da quello dell’immigrazione, che ne è un fattore condizionante, specificarne le caratteristiche, distinguendo l’immigrato straniero dall’immigrato europeo, il rifugiato dall’immigrato per ragioni soltanto economiche, l’immigrato irregolare dal clandestino, il clandestino dal malvivente.

Il fenomeno migratorio attuale nel mondo non assume percentuali più alte rispetto ad altri periodi della storia. Dal 1830 al 1915 il flusso migratorio dall’Europa al continente americano fu molto più alto, sfiorò il 50% per l’Italia. In Italia ora i migranti internazionali sono il 3% della popolazione, il totale degli stranieri è del 9,5%, la cui maggioranza non è africana né araba. In Francia, Gran Bretagna, Canada, USA, Australia le percentuali sono ben maggiori, dal 10 al 28%. Il flusso migratorio più consistente si sta verificando nel Sud del Mondo. Tuttavia è in atto un cambiamento radicale di scala mondiale per il progresso tecnologico e la conseguente globalizzazione. Vi sono paesi in via di sviluppo che registrano un fortissimo incremento demografico con un altissimo tasso di mortalità, paesi del continente africano in cui vi sono condizioni ambientali, economiche e sociali insostenibili, guerre, persecuzioni, malattie, violazioni di ogni diritto fondamentale dell’individuo. Le attuali migrazioni sono un fenomeno fisiologico non emergenziale che non è possibile interrompere, ma è possibile governare.

Vi sono stati due modi di affrontare il tema: il primo, che sostiene la natura strutturale e non emergenziale dei flussi migratori, ha trovato applicazione nelle misure adottate dal Ministro Minniti. Si tratta della coesistenza di due diritti imprescindibili e perfettamente complementari: la libertà e la sicurezza. Non vi può essere sicurezza senza libertà, non vi può essere libertà senza sicurezza. Essi si possono tutelare soltanto attraverso una politica di cooperazione unitaria europea e attraverso una politica di dialogo con i paesi di provenienza degli immigrati, con investimenti strutturali e costosi in quei Paesi per il loro sviluppo. Imprescindibile è l’impegno partecipato di tutte le istituzioni, con la collaborazione vitale degli enti periferici, che possono mettere a disposizione adeguati siti di accoglienza con adeguate ed efficaci misure di integrazione.

Diversamente ha operato il Ministro Salvini, la cui politica non crede nell’equilibrio tra solidarietà, libertà e sicurezza, prevedendo misure esclusivamente repressive. Prevale la necessità di sicurezza e l’idea che essa costituisce un interesse prioritario che necessariamente si pone in parziale conflitto con il fine della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’uomo. Prevale l’idea di un’Europa basata sulla ricostituzione dei confini nazionali. Approccio discutibile, in quanto comporterebbe per ogni paese europeo una maggiore debolezza e verrebbe meno l’essenza stessa dell’Europa. Inoltre i flussi migratori attuali sono un fenomeno di complessità continentale, nel quale l’Italia spesso è soltanto un paese di transito. Per queste ragioni, come è possibile prescindere da una politica di integrazione comune? Un’Europa divisa, inoltre, sarebbe meno in grado di svolgere un ruolo positivo per la soluzione di problematiche esistenti nei paesi da cui provengono gli attuali flussi migratori. L’integrazione è un fenomeno molto complesso, racchiude numerose politiche, dal lavoro all’assistenza sanitaria, dalla casa all’istruzione. Per questo occorre una cooperazione unitaria tra gli stati europei. Come è possibile pensare ad un’alleanza internazionale tra Paesi fondati sul principio dei confini come il blocco di Visegrad? E’ una contraddizione già dal punto di vista logico e concettuale. Vi è tra l’Italia e questi paesi una visione comune a scopo meramente distruttivo nei confronti dell’attuale Unione Europea, imputando ad essa le colpe di gran parte dell’insicurezza che caratterizza il nostro Paese. Oltre ciò, occorre sottolineare che un eventuale aumento del debito pubblico, o mancata riduzione, sostenuta convintamente da questo governo, comporta una maggiore dipendenza dell’Italia verso gli altri stati europei, provocando una naturale compressione della sovranità nazionale, baluardo, invece, delle forze nazionaliste e populiste. Dall’altro lato però, occorrerebbe anche riconoscere, almeno in parte, l’ancora insufficiente efficacia in questi anni delle politiche sovranazionali di integrazione e di gestione dei flussi, ed occorre pensare di ridefinirne alcuni tratti.

Se apparentemente le misure del cd. Decreto Salvini parrebbero tutelare maggiormente la sicurezza, l’abrogazione della protezione per motivi umanitari (elemento cardine del decreto), che sarà limitata a ben pochi casi “speciali”, oltre a violare i principi costituzionali dello Stato italiano e i principi ricavabili dai trattati internazionali, moltiplicherebbe il numero di stranieri irregolari, i quali perciò non potrebbero avere un lavoro regolare o ricevere prestazioni sociali. Ciò incentiverebbe attività illegali. Il depotenziamento del sistema di accoglienza diffuso gestito dai comuni che prevedevano anche sistemi di integrazione, previsto da tale decreto, causerebbe una concentrazione di molti stranieri che richiedono asilo in poche e grandi strutture centrali che possono offrire soltanto servizi essenziali, impedendo di fatto l’integrazione ed accentuando quindi, attraverso questa “ghettizzazione”, i rischi per la sicurezza dei cittadini. I pochi accordi bilaterali firmati dall’Italia, inoltre, impedirebbero in maniera notevole i rimpatri ai paesi di provenienza.

La mera finalità repressiva, perciò, non consente di risolvere la questione sicurezza in maniera efficace. Da ciò possono essere fatte salve l’estensione del “daspo” anche a chi è indiziato per reati di terrorismo, potendolo applicare anche nei presidi in cui si svolgono fiere, mercati, spettacoli, le disposizioni sul contrasto alla criminalità organizzata, tramite il rafforzamento dello scambio di informazioni tra le diverse autorità interessate, anche se gli appalti per l’assegnazione dei beni confiscati possono avere come destinatari soggetti privati, fattore che potrebbe favorire il riacquisto di tali beni dalle organizzazioni criminali. Positiva infine l’estensione della lista di reati che comportano la revoca di status di rifugiato a fattispecie come furto, furto in abitazione, furto con scasso, violenza sessuale. Ma il vero deterrente alla commissione di reati resta la certezza della pena, grave questione irrisolta in Italia, paese in cui i reati e le relative misure repressive sono previste, ma vi sono norme processuali dalle quali spesso scaturiscono casi di impunità o di non sufficienti effetti punitivi, impedendo la reale applicazione delle pene previste. Una riforma di taluni aspetti del diritto processuale penale in questa direzione sarebbe auspicabile.

Per concludere, è di una forza politica poco matura, come quella attuale di governo, la carenza di risposte sui temi economici e sociali, la carenza di misure per il lavoro e il welfare. Governo che traduce il disagio della popolazione esclusivamente nell’”invasione del diverso”, percepito come la minaccia esclusiva alla serenità, benessere e stabilità dell’individuo, generando ulteriore paura ed una percezione di insicurezza che si pone in relazione, quasi esclusivamente, alle più recenti migrazioni, percepite come un fattore emergenziale e non strutturale. Un punto di vista più facile da utilizzare per tutte le forze politiche nazionaliste al fine di acquisire un consenso ampio a breve termine, offrendo soluzioni “nazionali” con efficacia di breve durata, perché più semplici da attuare, ma che non risolvono alcun problema.

I mass media giocano un ruolo fondamentale nell’enfatizzare il fenomeno migratorio, dando meno peso ai problemi strutturali del Paese prima citati, più complessi da comprendere per la popolazione, più complessi da risolvere per le istituzioni, e meno immediati, sui quali una fetta consistente della popolazione versa in uno stato d’animo di rassegnazione. La paura è il traino elettorale più efficace, come sempre è avvenuto nella storia. Il disagio reale ne è il fattore scatenante. Il proporsi lo Stato Centrale come unico e solo soggetto in grado di sedare la paura di insicurezza, e una forza politica di governo caratterizzata dalla presenza un “leader forte al comando che batte il pugno sul tavolo dell’Europa”, sono le azioni più efficaci dal punto di vista comunicativo. Una parte importante di popolazione tenderà sempre, in situazioni di paura e di disagio, a preferire un governo conservatore che tuteli lo status quo e l’ordine pubblico. Non altrettanto efficace per rispondere nell’immediato al disagio di tanti e per attrarre consenso a breve termine, la proposta di una politica di sicurezza e di integrazione a lungo termine, di carattere europeo e internazionale, anziché nazionale, con un controllo meno centralizzato e più diffuso che coinvolga le regioni, le province e i comuni, volta a salvaguardare i diritti inviolabili della persona e che crede nell’integrazione quale valore positivo per l’evoluzione di una comunità. Un’inversione di tendenza dal punto di vista della comunicazione è indispensabile sotto il profilo dell’educazione alla cultura della solidarietà, sottolineando i veri disagi e la loro consistenza reale.

Altri rimedi effettivi all’aumento del tasso di insicurezza sarebbero le politiche per la natalità, fondamentali per arginare la percezione di una forte immigrazione e per arginare il processo di invecchiamento della popolazione italiana. L’economia italiana avrà sempre bisogno in futuro di forza lavoro, e inesorabilmente anche della forza lavoro della popolazione straniera che è di un’età più giovane rispetto alla popolazione italiana. Incremento di natalità che può verificarsi solo in condizioni di maggior prospettive di benessere e di stabilità economica, che mal si concilia con le tensioni e le paure frequenti durante i governi di stampo nazionalista. Infine occorre ricordare l’importanza cruciale di eventuali investimenti ai fini della riqualificazione urbana delle aree periferiche delle città italiane, attraverso adeguate politiche urbanistiche incentrate sullo sviluppo economico di molte realtà territoriali, e che assolvano quindi anche una funzione sociale, mirando ad un potenziamento dell’integrazione e riducendo la percezione di insicurezza tra la popolazione.

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